martedì 17 febbraio 2015

Lettera aperta al Presidente della Rai Anna Maria Tarantola sulle chiusure dei programmi che trattano di resistenza alla mafia



Spett. Presidente della Rai – Radiotelevisione Italiana



Gent.ma Anna Maria Tarantola




Milano, 16 febbraio 2015


Presidente,

sono un abbonato RAI che segue da vicino i temi di resistenza alla mafia.

mi permetto di scrivere alla Sua attenzione per la recente e preoccupante e crescente assenza dai palinsesti dell’emittente Nazionale, siano essi radiofonici che televisivi, di programmi che come alcuni in passato, siano dedicati alla memoria, alla resistenza alla mafia, alle vittime di mafia, ai territori, alla rinascita degli stessi ed alla speranza dei loro abitanti.

E’ passato un anno circa da quando programmi come “La bellezza contro le mafie”, su Radio Uno Rai, condotto dalla Giornalista Francesca Barra, un programma di approfondimento importante sulla geografia mafiosa,  che ha raccontato più di 2000 storie di resistenza alla mafia, insieme a “La tredicesima ora”, programma del Giornalista Carlo Lucarelli, di approfondimento su aspetti di cronaca nera, legata anche ad omicidi di stampo mafioso, come il caso di Lea Garofalo, sono stati chiusi.

Tagli motivati da aspetti di budget. Aspetto importante, ma che per questi temi, dovrebbe trovare delle priorità.

Un anno di silenzio, dove tante voci di voci hanno smesso di raccontare le loro storie, dove il silenzio ha lasciato spazio alle scelte di palinsesto, creando il timore che non si ritenga che la verità possa ancora fare notizia.

Perché in questi programmi di verità si parla, e si è parlato, di storie di resistenza e di ingiustizie, di persone, di famiglie, di uomini e donne delle scorte, di figli di vittime di mafia, di morte, di dolore, di speranza.

Voce e speranza che attraverso questo tipo di programmi aiutava chi, nella propria tragedia, nei soprusi subiti, nel futuro sottratto, proprio in quella voce poteva ancora trovare la forza di credere in un futuro migliore, affinché la violenza, le atrocità e la meschinità del fenomeno mafioso potesse essere raccontata a tutti.

Ed invece, è calato il silenzio. Ci sono state sporadiche trasmissioni che hanno dedicato stringati interventi o servizi, ma niente più di continuativo, pianificato, strutturale.

Il silenzio, che quando si parla di mafia, non deve mai accadere. Quel silenzio che cancella la memoria, il ricordo, e favorisce il prolificare del concetto mafioso, che proprio in quel silenzio, striscia virulento, se ne appropria, lo trasforma in baluardo di omertà, in testimonianza di inesistenza.

Nel silenzio, Dottoressa Tarantola, la mafia si rafforza.

Ed un altro capitolo rivestono i premi alla memoria, come quello di Mario Francese, giornalista del Giornale di Sicilia, assassinato dalla Mafia il 26 gennaio 1979, premio al quale recentemente ho avuto il privilegio di assistere, e che nonostante la rilevanza dei messaggi e dei valori in esso contenuti, non è stato degnato di un passaggio nei Telegiornali delle nostre Reti Pubbliche Nazionali.

Premi come quello dedicato a Paolo Borsellino, e tanti altri, dove vengono premiati impegni importanti di natura letteraria e giornalistica, testimonianze di verità e resistenza, di lotta e coraggio delle parole.

E non è accettabile che non vengano date informazioni di questi eventi nei palinsesti dei TG Pubblici Nazionali, eventi alla memoria di uomini che hanno cambiato il corso della storia del nostro Paese, che hanno gettato le basi per la sconfitta del fenomeno mafioso, pagando con il sacrificio della loro vita.

E ci si chiede perché, da un lato l'impegno prodigo a tutela dei temi di resistenza di verità venga premiato, e dall'altro, in un'Italia devastata dalla corruzione, criminalità organizzate che impantanano e gestiscono tutti i business a livello nazionale, di testimoni di giustizia a cui viene eliminata la scorta, di figli di vittime della mafia a cui non vengono riconosciuti diritti, di parenti di vittime degli uomini e donne della scorta, non siano realizzati, anche con budget minimi, i programmi a scopo sociale di estrema utilità del Servizio Pubblico, che invece vengono chiusi.

Ed allora io Le chiedo come possa non essere forte la consapevolezza che un Servizio Pubblico di questo tenore sia indispensabile per la salvaguardia ed integrità del diritto alla verità.

Ma cos'è il diritto alla verità.

E' su questo che bisogna soffermarsi, ed interrogarsi. Perché se riusciamo a connotare questo diritto, possiamo capire il grave errore sia stato fatto nel chiudere questi capitoli di informazione, nel Servizio Pubblico.

Il diritto alla verità è la forza universale che muove le coscienze nella ricerca costante di giustizia e legalità. Ed è per questo che diritto alla verità e Servizio Pubblico sono strettamente interconnessi. E' compito del Servizio Pubblico garantire un'informazione ispirata al diritto alla verità, che possa dare voce a chi non ha i mezzi e le possibilità per farla sentire, nei capitoli più tristi della nostra società.


Ed è per questo diritto, che io Le scrivo, affinché programmi di informazione Pubblica di questa caratura, non vengano eliminati per sempre dai palinsesti, che vengano promossi spazi informativi nuovi e dedicati a la resistenza alla mafia.

Perché questo diritto non venga precluso, per le generazioni a venire.

Per quei giovani che sempre di più hanno bisogno di essere supportati nella conoscenza dei capitoli più oscuri della nostra storia affinché ne siano coscienti, informati e possano formare le loro coscienze nella ricerca della legalità attraverso la consapevolezza che esistono le mafie, ma esistono storie che raccontano di come alle mafie si è detto no, esiste la forza e la speranza di organizzazioni sul territorio che lottano quotidianamente per sconfiggere il senso di omertà, che ancora, e tanto, esiste in tante aree del nostro Paese.



Con stima.

Un abbonato Rai.

Roberto Furesi

 




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