mercoledì 23 settembre 2015

Troppa gogna e poco elogio fra il popolo del WEB


Negli ultimi tempi è' diventata ormai insostenibile l'aria che si respira in rete.


Da un lato ci sono i cafoni, maleducati, troll, che di mestiere, di massima sotto mentite spoglie web, operano un'azione costante di vituperio, minacce, aggressioni ben oltre i limiti della censura, perseguibili penalmente. Ma sono un fenomeno conosciuto e perimetrato, che sta sempre di più perdendo terreno di fronte alle segnalazioni, blocchi e denunce che man mano il percorso di consapevolezza della rete sta producendo.

Dall'altra la parte sana della Rete,  che pian piano rilevo stia perdendo identità a causa di un processo di omologazione che sempre più orientato alla critica distruttiva, che sta modificando sensibilmente l'approccio ai social media. 


Ciò a cui mi riferisco è che si tende sempre di più ad utilizzare l'Agorà Web non più come il luogo interculturale dove poter esprimere opinioni e confrontarsi sugli argomenti più disparati, dall'attualità alla politica, con un percorso di condivisione e generazione di valore, ma bensì il luogo dove tutto viene sottoposto ad un giudizio supremo, il "giudizio della rete", diventato recentemente sempre più aggressivo, negativo e distruttivo.

Per analizzare questo fenomeno ho cercato di comprenderne l'origine.

Ormai, il cosidetto "popolo del web", ed il conseguente giudizio, è diventato elemento predominante della valutazione di diversi settori.

Tralasciando gli aspetti prettamente commerciali, lo è diventato sicuramente in ambito politico, che ha visto predominare la dottrina di Beppe Grillo e del suo movimento, creando un vero e proprio stile di comunicazione politica web, e nello show business, dove sempre di più le trasmissioni televisive fanno leva sui commenti della rete, e inseriscono fra gli indicatori di performance e di ascolto, i valori che traggono dalla partecipazione o meno del "pubblico in rete" misurati in relazione alle conversazioni tematiche riferite alle trasmissioni. attraverso i cosiddetti #hashtags.

In questo contesto, la "discesa in campo web" della  politica ha creato fenomeni nuovi come il fatto che ormai le dichiarazioni degli esponenti politici siano veicolate principalmente attraverso i social (e spesso invece di essere portate in parlamento), consentendo quindi al "popolo della rete" di poter esprimere il loro dissensi direttamente verso il politico di turno,  


Questo meccanismo, haters e cafoni a parte, ha sicuramente allargato la base di utenti che possono ora avere nuove visibilità e poter dare il proprio parere, ma anche di quelli che professando la loro fede politica, si orientano alla critica delle opinioni di correnti opposte, spesso trascendendo e non creando un dibattito costruttivo. Questo perché le barriere inibitorie di chi interagisce dietro la tastiera sono decisamente meno alte di chi si dovesse trovare vis-a-vis col personaggio. Se a questo aggiungiamo che lo stesso individuo può esprimere il suo parere contrario attraverso il commento dei "Talk Show" televisivi, la miscela è completa, ed il potenziale svilimento dei contenuti è dietro l'angolo. 


In parallelo, lo show business ed i media hanno creato un vero e proprio percorso di "osmosi" on la Rete, sfruttando quello che in origine era stato un traffico minore di utenti che  - ad esempio su twitter - si cimentavano in live-tweeting riferiti alle trasmissioni, alcuni le commentavano, ma senza avere un canale di accesso diretto alle stesse. Oggi sono le stesse trasmissioni televisive che stimolano l'interazione, creando quindi dei veri e propri momenti tematici di ascolto della Rete, pubblicando i commenti e commentando le opinioni del pubblico in diretta, quasi alla stregua di sondaggi veri e propri.

Questi nuovi modelli di comunicazione che in alcuni frangenti trovano intersezioni comuni (vedi i Talk Show e le tribune politiche) nati con gli intenti più nobili di allargare la base di consenso, le prospettive di palinsesto e stimolare i dibattiti (soprattutto nei Talk Show), diffondendo in maniera più capillare i contenuti mediatici, hanno creato una crescita esponenziale dell'utilizzo social dedicato ai commenti della più disparata risma, senza però tener presente che in assenza di moderazione, alla fine il commento "contro" ed il dibattito rischia sempre nel derivare nell'attacco diretto, talvolta offensivo, che non porta valore.

Perché non facciamo fatica a confermarlo: è il commento negativo che alza il livello di attenzione, che crea disparità e provoca reazione.  

Si ottiene più visibilità in rete seguendo il tormentone di chi demolisce la Miss Italia di turno che dice una castroneria in diretta, o la giornalista conduttrice di turno al suo esordio nei palinsesti che viene accusata di non dimostrare immediatamente sicurezza e competenza. E' da sempre più facile criticare che trovare l'opportunità per dare suggerimenti costruttivi, ,giudicare dai pulpiti del divano di casa senza peccato qualsiasi argomento o personaggio, ed esporlo al pubblico ludibrio che inviare e-mails alle Direzioni di Redazione per fornire suggerimenti e critiche che possano far migliorare le trasmissioni.

Di conseguenza, per esprimere un qualsiasi commento su un personaggio, osservo che ci si orienta prima di tutto agli aspetti personali, che mettono spesso in evidenza presunte lacune culturali, comportamentali, fisiche o psichiche invece dei contenuti su cui ci si può confrontare con più difficoltà.  E quando si va sui contenuti, ci si trova sempre a dibattere come nemici, spostando il fuoco dal personaggio in questione al commentatore in questione, in un contraltare discriminatorio "vinco-perdi" che non produce una visione costruttiva - benchè distante, ma solo visioni a senso unico.

Ciò che osservo spesso mancare oggi nei social network è la dialettica, il pensiero laterale, la filosofia, la satira.

Eh si perché come nel caso di Miss Italia e della sua "gaffe" in diretta, sarebbe bastata sicuramente la satira per riderci sopra, pur con piccola cattiveria, ma sicuramente senza dover ricorrere a reazioni scomposte, commenti esacerbati ed offensivi, giudizi aprossimativi sulla presunta incapacità di intendere e di volere della sventurata Miss, che dal piccolo dei suoi 18 anni, si è sicuramnete chiesta chi le ha fatto fare tutto ciò.

E' ormai quindi una pratica costante quella del cosiddetto "massacro", un'azione diretta e massiccia di commenti denigratori che colpiscono l'individuo, denigrandolo e provocando una cassa di risonanza devastante, il tutto a discapito di una fertilità di opinioni costruttive, che muoiono ormai spesso dietro a questo fenomeno di massa che si sta sempre di più allargando in rete. 

Un fenomeno quindi sottile, strisciante che non utilizza le roboanti e tuonanti parole del vituperio, ma si muove nella con la dialettica negativa, col disprezzo fine a se stesso, con la comparazione fra soggetti dello stesso target, mettendo in evidenza aspetti e comportamenti negativi, incapacità personali o lacune di natura culturale.


Un divertimento che appassiona purtroppo anche alcuni media tradizionali, che traggono spesso e volentieri spunto dai social per rilanciare i cosiddetti e presunti "massacri" nelle loro testate giornalistiche, per poi ancora social, in un "loop" negativo che crea una costruzione di consenso negativo, che va di gran lunga oltre il tradizionale effetto del "gossip", talvolta anche lesivo della dignità del soggetto di turno.


Insomma, c'è troppa gogna, e poco elogio fra il "popolo del web".

Questa deriva negativista e omologante sta sostituendo gradualmente la capcità di critica costruttiva, e di valorizzazione di ciò che merita, di portare all'attenzione temi importanti come la lotta alla mafia, le problematiche sociali e tanti aspetti della vita quotidiana che - rispetto al mobbing mediatico sul personaggio di turno  - porterebbero alla comunità sicuramente molto più valore. Questo soprattutto su social come Twitter. 

Paradossalmente proprio Facebook, che era stato dato per spacciato dopo l'uscita di Twitter, è il contenitore social dove ancora si riesce a dare valore ai contenuti di valore, con un metabolismo che ancora consente le riflessioni positive. Eventi, contenuti e post dai blog, trovano in questo spazio ancora dignità e valore, proprio per effetto di un metabolismo ancora lento, tipico di questo social. Per contro, sono poi le bacheche di Facebook, sovente, il terreno più fertile di questa deriva, che insieme a Twitter rappresentano i luoghi dove più spesso si manifesta questo fenomeno negativo di "massacro" di massa.

Allora la domanda che pongo a tutti voi è: possiamo cambiare questa deriva negativista?

Io sono convinto di si,

E per descrivere questo prendo ispirazione dal concetto espresso qualche anno fa da Stefano Quintarelli, uno dei pionieri dell'introduzione di internet in Italia, nel 2014 nominato Presidente del Comitato di Indirizzo dell'Agenzia per l'Italia digitale dal Consiglio dei ministri, utilizzando un articolo postato nel suo blog

"Internet è una dimensione dell'esistenza in cui svolgiamo relazioni ed attività economiche e sociali. Non è l'unica dimensione, come è ovvio, in cui teniamo queste relazioni, ma non è nemmeno una dimensione alternativa dell'esistenza, come la lunghezza non è una dimensione alternativa all'altezza. In alcuni casi la dimensione materiale può essere pressochè inesistente, in taluni altri è la dimensione immateriale che può essere pressochè inesistente. Nella maggioranza dei casi le attività si svolgono in entrambe le dimensioni. In misura crescente, per la maggioranza di noi, tendono a svolgersi in modo prevalente nella dimensione immateriale. Certamente molte attività e relazioni sono immateriali da tempo (dal telex e dal fax); ebbene per molti di noi queste sono totalmente collassate su internet (o lo stanno rapidamente facendo). Per questo internet è LA dimensione immateriale dell'esistenza"

Tutto quindi dipende da noi, e dalla nostra capacità di raggiungere la consapevolezza che tutto ciò che facciamo in Rete, si riflette nella vita reale, essendo la stessa rete parte dell'esistenza. 

Uscire dal concetto di virtuale, che attiene di più a qualcosa di "potenziale" e comprendere che tutti i comportamenti che vengono prodotti in rete provocano reazioni reali, benché generati dalla dimensione immateriale.

In questo paradigma immateriale e non virtuale, emerge prepotentemente la condizione emozionale, che evidentemente risente direttamente di ciò che viene prodotto dai comportamenti, Va da se quindi che le gogne mediatiche generano pesanti riflessi sulla condizione emotiva di chi le riceve.

Ed allora quando ci poniamo nel confronto in rete, quando esprimiamo la nostra opinione, dobbiamo sempre tenere in considerazione che stiamo generando un giudizio che non si riflette in un mondo irreale, ma in una parte delle dimensioni che frequentiamo, e che chi lo riceve, lo fa alla stregua della dimensione reale.

La rete non è più virtuale. Scordiamocelo. Chiunque può essere ormai rintracciato, localizzato e identificato. Anche se sotto mentite spoglie, ormai è pressochè impossibile essere totalmente e completamente anonimi, Ci sono gli strumenti per risalire al nostro computer, tablet, smatphone e così via. Ed allora si può intervenire, nella nostra dimensione immateriale, operando come facciamo in quella materiale un osservatorio costante di chi scantona, di chi si comporta male e provvedere a segnalarlo, La rete siamo noi, Non dimentichiamolo mai. 

Se riusciamo a a fare questo salto di paradigma, sono certo che i Social Network e la Rete uscirànno da quesata pericolosa deriva, di potenziale appiattimento culturale, e risusciranno a trovare ed alimentare linfa nuova, con percorsi di interazione sociale che si differenzieranno dalla dimensione reale soltanto per l'interfaccia utilizzata.

Ora il paradigma è delineato, Aspetto la vostra opinione.










4 commenti:

  1. bisogna stare attenti a strillare cose non verificate, a giudicare di pancia e non di testa. si crea odio, intolleranza, desolazione. e' vero, non c'e' niente di virtuale in tutto cio', tranne che partito un commento sbagliato sara' molto difficile bloccarlo, deviarlo, riformularlo. e' questa parte cosi' pericolosa, questa si' che e' ancora virtuale!

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    1. Ferma la possibilità di cancellarlo, può essere una chiave di lettura sicuramente. grazie

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  2. Si tratta di un tema sempre più sentito da molte persone: tanti non capiscono che ormai "il Virtuale è Reale"...
    Mi rincuora però la presenza di un certo numero di blog e spazi virtuali ancora vivi e pronti al confronto.

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    1. Ci sono eccome spazi pronti ad accogliere un confronto chiaro e veritiero, per fortuna. grazie

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