venerdì 8 aprile 2016

Non esiste par condicio quando si parla di mafia

Non esiste par condicio quando si parla di mafia.

Mi riferisco alla triste doppia umiliazione che i parenti delle vittime della mafia hanno subito una volta quando la Rai nella trasmissione Porta a Porta condotta da Bruno Vespa di mercoledì 6 Aprile ha invitato il figlio di Totò Riina, per presentare il suo libro,  e la seconda volta, il giorno dopo, invitando gli stessi parenti delle vittime della mafia ad una trasmissione riparatrice.

Una becera rappresentazione di giornalismo.

C'è un momento in cui il giornalismo si deve fermare.

E non ne faccio solo un tema di servizio Pubblico, che già sarebbe sufficiente per chiudere questo post, mi spingo oltre: ne faccio un tema di rispetto.

Ecco, Porta a Porta ha superato quel limite immaginario che io mi pongo usando l'asticella della dignità.

Non avrei dato spazio al figlio di un boss mafioso pluriomicida, condannato anch'esso per reati di mafia, per parlare della sua famiglia attraverso un libro in uscita, dando opportunità di potersi esporre mediaticamente in maniera così esponenziale. Non c'è stato giornalismo vero.

Non avrei fatto una puntata successiva, dichiarando che non si trattava di una puntata riparatrice, invitando i figli delle vittime di mafia, senza avere il coraggio di affrontare un contradditorio sul giudizio relativo alla puntata precedente.

Questo non è servizio pubblico, assume più il connotato di nsciacallaggio, e la Direzione della Rai insieme al suo conduttore ne sono responsabili.

Non entro nei dettagli delle due puntate, perché li ritengo superflui ora che sono stati espressi molteplici pareri su di esse, mi limito a fare alcune osservazioni che devono servire alla Direzione della Rai per riflettere sulla condizione dei palinsesti quando si parla di mafia.

Bisogna ricordare che nel silenzio la mafia rigoglia. E sono gli esempi positivi che devono essere portati nelle trasmissioni, esempi di resistenza, virtuosi, per far si che la memoria sia testimone per le nostre nuove generazioni.

Le inchieste sui criminali, le interviste ai pentiti, gli approfondimenti su tanti aspetti della criminalità organizzata sono sempre delle finestre culturali importanti che possano servire a delineare gli stili di condotta della criminalità, e consentire di comprendere da che cosa ci si deve difendere.

Ascoltare il figlio di un pluriomicida che ripete che "non sa che cosa sia la mafia", vuol dire far attestare ancora una volta che la mafia non esiste, ritornando indietro di decenni rispetto ai grandi passi avanti fatti dalla consapevolezza, vuol dire uccidere due volte gli uomini e le donne che hanno dovuto sacrificarsi per la ricerca della legalità, della verità.

Vuol dire uccidere due volte gli uomini di scorta, che hanno protetto quegli uomini.

Vuol dire umiliare i parenti di quegli uomini e quelle donne, che della resistenza alla mafia ne hanno fatto una causa di vita, che della ricerca della verità ne hanno fatto un motivo di vita.

Quei silenzi vanno rotti da esempi positivi, non da voci che confondono le idee, che rafforzano concetti che non possono essere accettati.

Da diversi anni la Rai ha ridotto sensibilmente gli spazi a favore delle trasmissioni di resistenza alla mafia (ne parlai in una lettera aperta che mandai all'allora Presidente della Rai Dott.ssa Tarantola) chiudendo programmi sia radiofonici che televisivi (La Bellezza contro le Mafie di Francesca Barra su Radio1, La tredicesima ora di Carlo Lucarelli su Rai3), lasciando a sporadiche iniziative di alcuni programmi i racconti e gli spazi di informazione.

Ma niente più di strutturato ha segnato i palinsesti della Televisione Pubblica, nessuno spazio è stato più dato ai parenti delle vittime di mafia, ai giornalisti sotto scorta, ai preti di periferia, alle associazioni antimafia, per poter raccontare le storie che aiutano a non dimenticare.

E non è accettabile che questi spazi vengano barattati con un'intervista al figlio di Riina, e poi ceduti per una puntata riparatrice, che mortifica due volte i parenti delle vittime.

Allora chiedo pubblicamente al Dottor Campo Dell'Orto, ed alla Dottoressa Maggioni di fare una riflessione e di recuperare davvero la dignità di questa nostra Rete Nazionale, destinando uno spazio nei palinsesti ad una trasmissione che si occupi di resistenza e lotta alla mafia.


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