mercoledì 27 gennaio 2016

Bambini "disadottati", disadattati ed alla fine poco adottati

Sono i bambini ad essere disadattati nel dibattito sulle adozioni, e "disadottati" nell'impossibilità di poter trovare le opportunità più concrete per vedere ampliate le prospettive di adottabilità.

La sensazione è che tutto il dibattito sulle adozioni sia imperniato su temi di egoismo.


Il primo concetto di egoismo è quello attribuito agli omosessuali, visti come noncuranti del problema del bambino, delle sue esigenze di crescita "normale", che egoisticamente quindi pretendono gli possa essere riconosciuto il diritto di adottare i bambini.


Quindi la prospettiva del bambino. Eh si, perché questa è correttamente fondamentale nella valutazione del "nucleo familiare" potenzialmente adottivo. L'unica che non è egoistica, fortunatamente. 

Poi c'è la prospettiva delle coppie etero. Che scopriremo essere forse anch'essa egoistica. Ma qui è la riflessione. 

Ma torniamo al concetto di egoismo. Da una parte le coppie omosessuali, e le legittime aspirazioni, dall'altra il processo di adozione attuale. 

La mia riflessione verte sul fatto che oggi, mediamente, chi adotta un bimbo sono coppie che "scelgono" di adottare, e principalmente lo fanno perché purtroppo non possono procreare. 

C'è poi una percentuale di coppie che in virtù di una loro propensione ai figli, decidono di allargare la famiglia dando l'opportunità ad un bimbo sfortunato di essere accolto nella loro.

Ma la grande percentuale è fatta di coppie che non avendo altra opportunità, scelgono il percorso di adozione pur di poter avere un figlio. Una scelta di "adulti" dettata da una necessità fisiologica.

Se la vediamo sotto il profilo umano, considerato che sino ad oggi il concetto di adozione non è mai stato oggetto di discussioni particolari, il gesto dei genitori senza figli che decidono di adottare appare come una grande opera umanitaria, ma se la vediamo dal lato del bambino, così esattamente non è. Per la connotazione di "scelta di adulti" e per le complessità di attuazione.

Perché in primis non tutte le coppie sterili percorrono la via dell'adozione. Alcune si rassegnano, o si scoraggiano, e decidono di non avere figli adottivi.

Cito testualmente un report recente della Commissione Adozioni Internazionale:

"La motivazione che, il più delle volte, porta una coppia alla decisione di intraprendere il percorso di adozione di un bambino straniero nasce dalla verifica da parte dei coniugi della propria infertilità. Questa motivazione è senza dubbio la più frequente e interessa la quasi totalità delle coppie adottive.
...infine, si registra una minima percentuale di coppie la cui motivazione nasce esclusivamente dal desiderio di fare del bene a uno o più bambini in difficoltà."
   
La gran parte delle coppie etero, adotta quindi perché "desidera" un figlio che altrimenti non può avere, e questa è una realtà. 

Oggi le aspettative dei bambini in attesa di adozione, sono necessariamente legate alle necessità degli adulti, e quindi alla percentuale di famiglie sterili che "scelgono" il percorso adottivo dopo aver tentato tutte le strade per la fecondazione artificiale. 

Di questa percentuale, le aspettative calano a seguito della eliminazione di tutte le coppie non idonee, e le casistiche particolari per le quali non ci sono gli estremi di affidabilità. 

Se a questo aggiungiamo le complessità dettate dalle diversità dei trattamenti dei diversi Stati, legate alle disponibilità e inclinazione alle adozioni, sotto il profilo del bambino, le percentuali di possibilità che un bimbo possa oggi essere adottato, da una coppia "normale" etero, disponibile all'adozione, psicologicamente, socialmente ed economicamente idonea sono decisamente molto basse.

Allora mi chiedo se oggi, quell'egoismo che viene identificato nella scelta di due "adulti" omosessuali di accogliere una creatura nel loro "nucleo familiare" atipico, non sia in qualche misura parte anche di questo processo di scelta adottiva di coppie cosiddette "normali" e delle sue complessità.

E' questa la domanda che mi pongo, e che pongo a tutti i miei lettori. 

La pongo insieme ad un'altra domanda, che rivolgo al Governo: perché il Governo non fa campagne di adozione? Perché non individua campioni di famiglie potenzialmente idonee e propone loro adozioni?

Perché non rovesciamo il paradigma per vedere davvero la prospettiva del bambino? 

Aumenterebbero sicuramente le probabilità che un nucleo familiare possa decidere di accogliere un nuovo componente e riempirlo di amore, magari rivedendo le categorie di adozione, le modalità, i tempi, i modelli e creando nuove ed uniche opportunità. 

Le esigenze oggi sono totalmente cambiate, il bacino dei potenziali bimbi da adottare non è più solo derivante dal surplus di nascite delle realtà africane, o dagli abbandoni di altre nazionalità, ed è questo il paradigma che può aiutare la riflessione verso l'opportunità di un'adozione da parte di una coppia omosessuale. 

A questo bacino si sono aggiunti i bimbi orfani di guerra, di migranti, di rifugiati. Non ci può essere nessuna deviazione psicologica peggiore di quella di vedere la morte in faccia durante una traversata per la speranza, di crescere nel paradigma che le atrocità delle guerre siano una cosa normale, o che l'abbandono, il disamore, la solitudine, lo sconforto, siano il nutrimento dell'anima cui questi bambini sono relegati.

Credo che un bimbo che sia testimone di queste atrocità, necessiti prima di tutto di amore, di punti di riferimento e di sicurezza, tutti aspetti che qualsiasi nucleo familiare, sia esso tipico o atipico può fornire.

Non ci può essere nessuna deviazione nell'amore che può offrire un essere umano ad un bambino.

Allora forse se guardiamo la prospettiva del bambino, con questi razionali in mente, forse riusciamo a cogliere meglio quell'opportunità in più che può offrire l'allargamento della base adottiva anche alle coppie omosessuali, o atipiche.

C'è un'altra riflessione doverosa che ritengo necessaria e propedeutica per comprendere l'opportunità di un'adozione di un bambino in un nucleo familiare "atipico".

E precisamente quella di chiedersi: che cosa è oggi un "nucleo familiare"? 

Nucleo familiare non è amore sotto uno stesso tetto?

E sotto questo tetto, non ci possono stare due omosessuali?

Ed allora, sotto il profilo civile, ci possono essere unioni cosiddette "coniugali" che hanno la connotazione matrimoniale, ed i relativi diritti, unioni "parentali" che uniscono parenti consanguinei, con relativi diritti, unioni "relazionali" che uniscono persone dello stesso sesso che decidono di stare insieme sotto lo stesso tetto, che avranno conseguenti diritti.

Tutti ovviamente avranno anche conseguenti doveri.

Queste tipologie di unioni, siano esse tipiche o atipiche, costituirebbero comunque un concetto di "nucleo familiare", che potrebbe tranquillamente essere idoneo ad accogliere un bambino che ha bisogno di riferimenti affettivi, e di amore, non solo quindi accolto per l'esigenza degli adulti che hanno "il desiderio/la necessità" di ricorrere all'adozione. Questo amplierebbe in maniera esponenziale le percentuali di successo. 

E' il mio un esempio per dire che il percorso  delle unioni civili, che è propedeutico per il tema delle adozioni, va visto con la lungimiranza da un lato di un legislatore che davvero voglia capire le diverse prospettive, e dall'altro da una società civile che apra ad un dibattito costruttivo che realmente voglia affrontare il nostro tempo con la volontà di cambiare, senza posizioni contrapposte di chiusura totale, atteggiamenti radicali inutili e poco costruttivi.

Le mie sono considerazioni personali, volte a facilitare la comprensione di questo fenomeno che contrappone due correnti opposte di pensiero, e cioè coloro che sono a favore delle adozioni da parte di coppie omosessuali o di coloro che vedono la crescita di un bambino all'interno di un qualsiasi nucleo familiare "atipico" rischiosa per l'integrità psicologica del bambino stesso.

Vedere per me il tema delle adozioni con la prospettiva del bambino, è per me dare al bambino tutte le opportunità per poter cambiare il proprio paradigma di infelicità verso un nuovo e più interessante orizzonte di crescita confortata dall'amore, sia esso di una famiglia tradizionale, che di un nucleo familiare "atipico", che sicuramente è in grado di fornire al bambino stesso tutti gli elementi di moralità, integrità e serenità che qualsiasi bambino che desidera essere adottato merita.

Invito tutti quindi a farle queste riflessioni, civilmente, a tutti i livelli, e per cercare di trasformare  i bambini "disadottati" in bambini felici.





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